Un attimo può fissare per sempre ciò che abbiamo davanti agli occhi; una fotografia trasforma quell’attimo in memoria condivisa, in traccia di ciò che siamo e viviamo.
Ancora una volta sono le narrazioni visuali a dare voce ai grandi temi del nostro presente: quelle raccolte dagli scatti della World Press Photo Exhibition 2025, che per il dodicesimo anno fa tappa a Bari, da giovedì 16 ottobre fino a lunedì 8 dicembre 2025.
La mostra a Bari: nuove date e nuova sede
L’esposizione internazionale, che quest’anno celebra la sua 68ª edizione, cambia cornice e approda nella Sala del Colonnato del Palazzo della Città Metropolitana di Bari, in Lungomare Nazario Sauro 29. Un luogo simbolico e prestigioso per accogliere uno dei percorsi di fotogiornalismo più seguiti al mondo.
Chi organizza e con chi: partner e istituzioni
L’iniziativa è curata da Cime, da quest’anno Brand Ambassador Italia e tra i principali partner europei della World Press Photo Foundation di Amsterdam. Il progetto è sostenuto dalla Regione Puglia e realizzato in collaborazione con la Città Metropolitana di Bari, il Comune di Bari e il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
I numeri dell’edizione 2025
In mostra i lavori premiati del concorso 2025, firmati per le più importanti testate internazionali – tra cui New York Times, Washington Post, Der Spiegel, Time – e per agenzie come Agence France-Presse, Associated Press, Reuters. Sono esposti 144 scatti, selezionati tra 59.320 fotografie inviate da 3.778 fotoreporter provenienti da 141 Paesi.
Un mosaico di immagini che apre una finestra critica sull’attualità globale: guerre e conflitti, crisi climatica, migrazioni, diritti civili e sociali, e tutte quelle questioni che modellano il nostro tempo.
Il concorso: come funziona e cosa premia
Il World Press Photo Contest è progettato per raccontare il mondo attraverso una struttura regionale ormai consolidata, che permette di dare spazio alle diverse aree del pianeta: Africa, Asia, Europa, Nord e Centro America, Sud America, Sud-Est asiatico e Oceania.
Per ciascuna delle sei macro-aree è stata selezionata una rosa di sette vincitori regionali, articolati in tre categorie: Foto Singola (tre premi), Storie (tre premi) e Progetti a lungo termine (un premio).
Una giuria globale, formata dai presidenti delle giurie regionali, ha poi scelto tra i 47 progetti premiati a livello locale la World Press Photo of the Year, la fotografia dell’anno, tanto attesa da pubblico e addetti ai lavori.
Novità importante: oltre all’immagine vincitrice assoluta, la giuria ha deciso di mettere in evidenza altre due finaliste, riconoscendone l’eccezionale valore.
La giuria internazionale e il processo di selezione
A presiedere la giuria globale 2025 è stata l’italiana Lucy Conticello, direttrice della fotografia di M, il magazine di Le Monde. Conticello ha spiegato che la valutazione degli scatti si è svolta tra gennaio e febbraio 2025 e ha richiesto due mesi di lavoro serrato. A suo avviso, il concorso rappresenta insieme un riconoscimento per chi opera in condizioni spesso complesse e una sintesi visiva dei principali eventi internazionali, e i giurati hanno ricercato immagini capaci di stimolare confronto e dialogo.
I vincitori: la Foto dell’Anno e le due finaliste
Il titolo di World Press Photo of the Year 2025 va alla fotografa palestinese Samar Abu Elouf per uno scatto commissionato dal The New York Times. La fotografia ritrae il noveenne Mahmoud Ajjour, gravemente ferito in un attacco israeliano a Gaza City nel marzo 2024.
Il bambino, coinvolto in un’esplosione mentre cercava di mettersi in salvo con la famiglia, ha perso entrambe le braccia. Dopo un’operazione complessa e un lungo percorso di cure, oggi sta imparando a usare i piedi per scrivere, giocare con il telefono e aprire le porte. Il suo desiderio è ottenere protesi che gli permettano di condurre la vita di qualsiasi coetaneo.
Per World Press Photo, la direttrice esecutiva Joumana El Zein Khoury ha sottolineato come l’immagine, pur composta e silenziosa, sia potentissima: racconta la vicenda di un singolo bambino e, insieme, parla di una guerra le cui conseguenze si riverbereranno a lungo. Ha aggiunto che l’archivio della fondazione contiene purtroppo molte fotografie simili e ha espresso gratitudine verso i fotografi che, nonostante rischi personali e impatto emotivo, scelgono di documentare queste realtà, aiutandoci a comprendere, provare empatia e trovare motivazioni per agire.
Accanto alla vincitrice, la giuria ha indicato due finalisti:
– John Moore (Getty Images), fotoreporter nordamericano, con Night Crossing, che mostra un gruppo di migranti cinesi mentre si riscalda dopo l’attraversamento del confine tra Stati Uniti e Messico.
– Il fotografo sudamericano Musuk Nolte (Panos Pictures, Bertha Foundation) con Droughts in the Amazon, parte di un reportage più ampio. Nell’immagine, un giovane porta del cibo alla madre a Manacapuru, località un tempo raggiungibile in barca e oggi collegata da un letto di fiume prosciugato a causa della crisi climatica che ha messo in secca tratti del Solimões.
Menzioni speciali: due autori dai Paesi Bassi
La giuria ha assegnato una menzione a Prins de Vos (Queer Gallery) per il progetto Mika, dedicato alla storia di un ventunenne olandese che ha atteso 22 mesi per la prima visita alla Gender Clinic di Rotterdam, sostenendo nel frattempo in autonomia i costi delle terapie ormonali e di un primo intervento chirurgico.
Menzione anche alla freelance Marijn Fiddler, che ha ritratto il culturista Tamale Safalu durante un allenamento domestico in Uganda. Dopo aver perso una gamba in un incidente in moto nel 2020, Safalu è diventato il primo atleta disabile ugandese a gareggiare con atleti normodotati.
Cinzia Canneri: la vincitrice italiana
Per l’area Africa, nella categoria Long Term Project vince la fotografa toscana Cinzia Canneri, con un lavoro realizzato per l’Association Camille Lepage e intitolato Women’s Bodies as Battlefields (I corpi delle donne come campi di battaglia).
Il progetto nasce nel 2017, quando Canneri inizia a documentare il percorso delle donne eritree in fuga dal proprio Paese e in cerca di protezione in Etiopia. Negli ultimi anni molti giovani eritrei hanno lasciato la patria per sottrarsi a un regime repressivo che ha di fatto imposto una coscrizione militare senza limiti temporali.
Molte donne fermate alle frontiere hanno subito aggressioni, stupri o violenze mirate all’addome da parte della polizia nazionale, con l’obiettivo di impedire loro di avere figli.
Con l’estendersi del conflitto che ha visto contrapposti l’esercito etiope (affiancato da forze eritree e milizie Amhara) e il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (TPLF) nella regione del Tigrè, l’indagine di Canneri si è allargata alle donne tigrine, che si sono unite alle eritree sulla via della fuga verso i campi profughi di Addis Abeba o del Sudan.
Entrambi i gruppi sono stati colpiti da violenza sessuale sistematica — stupri, torture, ferimenti — fenomeni spesso poco riportati per via dello stigma sociale, della scarsità di strutture sanitarie e del difficile accesso dei media internazionali.
A gennaio 2024, Canneri ha inoltre co-fondato Cross Looks, un collettivo composto da donne italiane, eritree, tigrine e sudanesi che costruisce narrazioni intersezionali su genere, classe, razza e altre forme di disuguaglianza.
Dando centralità alle esperienze di vita delle donne delle due comunità, mentre cercano di curare le ferite e ridefinire la propria identità, il progetto interpreta in modo nuovo l’idea di “corpo come campo di battaglia”.
L’autrice spiega che nell’ultima fase ha lavorato per far emergere significati in cui il corpo non è soltanto segno delle violenze subite, ma diventa anche simbolo della forza che nasce da cura, resilienza, resistenza e, quando serve, lotta. Ha inoltre rifiutato una nozione semplicistica di resilienza intesa come “lieto fine”, per abbracciare un processo complesso che attraversa un ampio spettro emotivo e affronta le sfide in modo costruttivo. La collaborazione tra culture diverse ha permesso di sviluppare uno sguardo plurale, uno spazio che apre a prospettive radicali da cui guardare, creare e immaginare alternative e nuovi mondi.
Cinzia Canneri è una fotogiornalista che concentra la propria ricerca su condizione umana, trasformazioni sociali, questioni di genere e migrazioni. Ha lavorato a lungo nel Corno d’Africa, raccontando la condizione delle donne da prospettive politiche, sociali e culturali, e ha documentato anche problematiche legate allo sfruttamento del lavoro.
Nel 2016 il progetto Like Two Wings, dedicato alle vittime dell’amianto, ha ricevuto un Award of Excellence al POYi Science and Natural History Picture Story e il primo premio all’Umbria Fest in Italia. Le sue fotografie sono state pubblicate su testate come The New York Times, Aftenposten, Days Japan, L’Obs, The Washington Post, Internazionale e l’Espresso.
Un’immagine simbolo: María Corina Machado
Tra le 144 fotografie in mostra spicca lo scatto della venezuelana Gabriela Oráa per Reuters, finalista nella categoria Foto Singola con il titolo L’ultima speranza. La foto ritrae María Corina Machado, leader dell’opposizione venezuelana e neo Premio Nobel per la Pace, mentre saluta i sostenitori da un veicolo durante un comizio a sostegno del candidato presidenziale dell’opposizione, Edmundo González Urrutia, a Mérida, il 25 giugno 2024.
Nel 2023 Machado ha vinto le primarie dell’opposizione per sfidare Nicolás Maduro, ma le autorità le hanno impedito di candidarsi. Ha quindi sostenuto l’ex ambasciatore González Urrutia, guidando la sua campagna in tutto il Paese.
Dopo il voto, la vittoria è stata attribuita a Maduro, ma l’opposizione ha contestato i risultati citando conteggi che indicavano González come vincitore. Le denunce di irregolarità hanno portato numerosi Paesi a mettere in discussione la legittimità dell’esito. Maduro ha mantenuto il potere, González è stato costretto all’esilio e Machado vive nascosta, rimanendo un punto di riferimento per il cambiamento politico.
World Press Photo: la fondazione e il tour globale
Nata ad Amsterdam nel 1955, la World Press Photo Foundation organizza ogni anno il concorso internazionale di fotogiornalismo e, dopo l’annuncio dei vincitori globali e di categoria, allestisce una mostra itinerante che attraversa più di 120 città in 50 Paesi.
A Bari, la World Press Photo Exhibition è prodotta da CIME, Brand Ambassador per l’Italia e tra i partner europei della fondazione, con il sostegno della Regione Puglia e del Comune di Bari.
Orari di apertura
(La biglietteria chiude 30 minuti prima)
Lunedì, martedì, mercoledì e giovedì: 9.00 – 20.00
Venerdì, sabato e domenica: 9.00 – 21.00
Biglietti
Intero: € 10,00
Under 30 | Over 65: € 8,00
Giornalisti con tesserino: € 8,00
Guide turistiche con tesserino: € 8,00
Scuole (primarie e secondarie): € 4,00
Gruppi: € 8,00 (minimo 15 persone, con prenotazione. Ogni 15 visitatori, il 16° entra gratis).
Studenti universitari (dal lunedì al venerdì): € 6,50
Under 15 (fino a 14 anni compiuti): € 5,00
Ridotto per persone con disabilità: € 5,00
Ingresso gratuito: Under 6 (fino a 5 anni compiuti); accompagnatore di persona con disabilità (solo con disabilità superiore al 67% o per minore con disabilità); accompagnatore scuola (1 ogni 15 studenti); guida turistica con gruppo (minimo 6 persone).
Eventi collegati e opportunità di visita
Con il biglietto della World Press Photo sarà possibile accedere alle collezioni permanenti della Pinacoteca Metropolitana “Corrado Giaquinto”, al quarto piano del Palazzo della Città Metropolitana di Bari, al costo ridotto di € 2,00.
Nell’ambito delle iniziative collaterali di World Press Photo Bari, in Pinacoteca sarà allestita, dal 4 novembre al 5 dicembre, la prima personale in Italia dell’artista e attivista brasiliana Berna Reale, intitolata “Estetica della violenza”.
World Press Photo Exhibition 2025 — Sala del Colonnato, Palazzo della Città Metropolitana di Bari — 16 ottobre › 8 dicembre 2025
http://www.ilikepuglia.it
http://www.worldpressphotoexhibitionbari.it
